Il legato di emissione

Il legato è sicuramente la caratteristica peculiare del canto lirico.

Il legato di emissione non è solamente un risultato di estetica musicale, ma soprattutto un mezzo tecnico di produzione di un suono ricco di armonici che dona al canto lirico una pienezza sonora unica.

Il vero legato di emissione si raggiunge solo se si riesce ad utilizzare l’apnea quale strumento di produzione del suono.

Purtroppo l’istinto porta a comprimere il fiato considerandolo come mezzo per provocare la vibrazione delle labbra (corde) vocali.

Si tende quindi ad esercitare una pressione che va verso l’esterno avendo come fulcro le varie zone di risonanza.

Molti esercitano una pressione del fiato verso la cosiddetta maschera e tale operazione riesce anche a produrre un suono di una certa ricchezza armonica, ma tale pressione coinvolge anche la gola che, è bene ricordarlo, è mobile e quindi viene spostata verso l’alto riducendo la propria possibilità espansiva.

Col tempo si ha sempre più bisogno di aumentare la pressione del fiato e si favorisce oltretutto, come effetto collaterale, il  disturbo comune a molti cantanti costituito dall’ernia iatale.

Il fiato non dovrebbe essere compresso e forzato nella sua fuoriuscita ma semmai occorrerebbe ritardarne il più possibile l’emissione mantenendolo all’interno dell’apparato fonatorio.

Non si dovrebbe dimenticare, infatti, che il vero strumento sonoro non sono le labbra (corde) vocali ma la quantità d’aria che stanzia nelle cavità di risonanza e che accoglie la piccola vibrazione delle labbra vocali.

L’articolazione delle parole può trasformarsi in un momento di perdita dell’apnea soprattutto se non si sta attenti a perdere il collegamento sonoro tra le vocali e in modo particolare tra le consonanti.

Ogni sillaba, poiché in via naturale nella voce parlata ha una sua specifica zona di risonanza a causa sia delle vocali sia delle consonanti, può determinare una interruzione del flusso sonoro e soprattutto uno spreco del fiato per produrre le varie sillabe.

L’obiettivo da raggiungere è quindi quello di non permettere la fuoriuscita forzata del fiato ma, anzi, fare in modo che la sua uscita sia lenta e quasi impercettibile distribuendola lungo tutto l’arco della frase musicale.

Per ottenere questo occorre immaginare di non separare il flusso del suono tra le vocali e in modo ancora più sofisticato tra le consonanti.

Per realizzare tale obiettivo occorre quindi individuare un unico punto di fonazione e non abbandonarlo mai, facendo in modo che sia le vocali sia le consonanti siano originate in esso.

La tradizione didattica parla del famoso “punto di Mauran” che si trova dietro gli incisivi sul palato superiore.

Punto di Mauran

Tuttavia se si spinge il fiato verso questa zona anche se si ottiene una buona amplificazione del suono si corre purtroppo il rischio, specialmente per le vocali, di incontrare un ostacolo naturale che potrà essere superato solo attraverso una compressione del fiato.

Il risultato ha una sua efficacia sonora ma, come già detto, può esporre la laringe ad una traslazione verso l’alto (specialmente nel registro acuto), obbligando il cantante ad un enorme sforzo per mantenere la compattezza e pienezza del suono.

Non si realizzerà un legato del flusso sonoro, ossia il legato di emissione, ma una sorta di “ripercussio” poco modulabile.

Il vero legato di emissione si ottiene solo quando ogni consonante ed ogni vocale vanno ad occupare lo stesso spazio di produzione e sviluppo specifici (e diverso per entrambe),  senza che questo avvenga con una spinta forzata del fiato, ossia venga invece realizzato attraverso l’apnea.

L’apnea è il lento rilasciare del fiato senza comprimerlo verso l’uscita stabilizzandolo idealmente nella zona di espansione creata internamente.

Per riuscire a non spingere il fiato occorrerà quindi pronunciare le vocali occupando prima lo spazio interno utilizzando tutta la possibile ampiezza disponibile e  proseguendo poi con l’espansione verso l’esterno  delle arcate dentarie ossia nel piccolo spazio compreso tra le labbra e i denti cercando di non creare inutili ostacoli.

Come immagine mentale si può usare quella della risalita del suono delle vocali dalla base dello spazio interno creato, immaginando  di “aprire un varco” verso l’esterno sfruttando il labbro inferiore,  soprattutto nei suoni lunghi e tenuti.

Per i suoni lunghi sarebbe inoltre molto utile gestire il flusso sonoro rinnovandolo ritmicamente.

Quando la melodia è veloce, o anche nei recitativi, in genere non c’è abbastanza tempo per fare espandere all’interno della cavità di risonanza il suono vocalico, pertanto occorre affidarsi principalmente alle consonanti, cercando di legarle una all’altra impedendo che il passaggio tra una sillaba e l’altra costituisca una interruzione del flusso sonoro.

In genere il passaggio tra consonante e vocale può determinare un diverso tipo di fonazione con conseguente interruzione del flusso sonoro.

Fissando un unico punto di generazione  delle consonanti si evita invece di spezzare il flusso sonoro, ottenendo una continuità timbrica necessariamente basata sul fulcro del punto di generazione delle consonanti.

Le sillabe che hanno accento tonico possono indurre a spostare il punto di risonanza privilegiando la vocale rispetto alla consonante, con conseguente modifica del punto di risonanza.

Per evitare questa discontinuità è sufficiente pensare di accentare non la vocale, ma la consonante che la precede permettendo alla vocale di espandersi liberamente e senza alcuna pressione del suono. Come affermato in un altra sezione del sito le consonanti suona e le vocali risuonano.

Si otterrà una automatica enfatizzazione della vocale con accento tonico ma con il vantaggio di non spostare il punto di risonanza e favorendo quindi sia il timbro sia il legato di emissione.

Molto spesso si tenta di realizzare il legato con la non gradevole tecnica del portamento che può purtroppo essere realizzata attraverso un glissato tra le note non del tutto gradevole da un punto di vista estetico.

Il legato di emissione infatti non prevede nessun glissato tra le note, non avendone bisogno, in quanto se si riesce a realizzarlo si verifica una vera e propria “trasmutazione” tra le consonanti e le vocali.

Quando si riesce a raggiungere il vero legato di emissione non si spreca il fiato, potendo quindi realizzare fraseggi lunghi. Tale emissione permette ai transitori d’attacco del timbro di svilupparsi in modo completo, donando alla voce sia “morbidezza” sia “presenza” sonora.